Il Presepe

Autore: Patrick Franceschi

Il termine presepe (o più correttamente notare le diverse voci dei dizionari presepio) deriva dal latino praesaepe, cioè greppia, mangiatoia, composto da prae = innanzi e saepes = recinto, ovvero luogo che ha davanti un recinto. Nel significato comune il presepe indica la scena della nascita di Cristo, derivata dalle sacre rappresentazioni medievali..

Il presepe antico

Per comprendere il significato originario del presepe, occorre chiarire la figura del lari (lares familiares), profondamente radicata nella cultura etrusca e latina. I larii erano gli antenati defunti che, secondo le tradizioni romane, vegliavano sul buon andamento della famiglia. Ogni antenato veniva rappresentato con una statuetta, di terracotta o di cera, chiamata sigillum (da signum = segno, effigie, immagine). Le statuette venivano collocate in apposite nicchie e, in particolari occasioni, onorate con l’accensione di una fiammella. In prossimità del Natale si svolgeva la festa detta Sigillaria (20 dicembre), durante la quale i parenti si scambiavano in dono i sigilla dei familiari defunti durante l’anno. In attesa del Natale, il compito dei bimbi delle famiglie riunite nella casa patriarcale, era di lucidare le statuette e disporle, secondo la loro fantasia, in un piccolo recinto nel quale si rappresentava un ambiente bucolico in miniatura. Nella vigilia del Natale, dinnanzi al recinto del presepe, la famiglia si riuniva per invocare la protezione degli avi e lasciare ciotole con cibo e vino. Il mattino seguente, al posto delle ciotole, i bambini trovavano giocattoli e dolci, “portati” dai loro trapassati nonni e bisnonni. Dopo l’assunzione del potere nell’impero (IV secolo), in pochi secoli i cristiani tramutarono le feste tradizionali in feste cristiane, mantenendone i riti e le date, ma mutando i nomi ed i significati religiosi. Essendo una tradizione molto antica e particolarmente sentita (perché rivolta al ricordo dei familiari defunti), il presepe sopravvisse nella cultura rurale con il significato originario almeno fino al XV secolo e, in alcune regioni italiane, ben oltre. Il presepe moderno Solitamente questa locuzione viene usata per la ricostruzione tradizionale della natività di Gesù Cristo durante il periodo natalizio. Si riproducono tutti i personaggi e i posti della tradizione, dalla grotta alle stelle, dai Re Magi ai pastori, dal bue e l’asinello agli agnelli, e così via. La rappresentazione può essere sia vivente che iconografica. I presepi popolari più conosciuti sono quelli di San Gregorio Armeno a Napoli. Evoluzione del presepe moderno Il presepio di Piazza di Spagna a Roma La tradizione, tutta italiana, del Presepe risale all’epoca di San Francesco d’Assisi che nel 1223 realizzò a Greccio la prima rappresentazione vivente della Natività. Sebbene esistessero anche precedentemente immagini e rappresentazioni della nascita del Cristo, queste non erano altro che “sacre rappresentazioni” delle varie liturgie celebrate nel periodo medievale. Il primo presepe scolpito a tutto tondo di cui si ha notizia è quello realizzato da Arnolfo di Cambio fra il 1290 e il 1292. Le statue rimanenti si trovano nel Museo Liberiano della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Nel XV secolo si diffuse l’usanza di collocare nelle chiese grandi statue permanenti, tradizione che si diffuse anche per tutto il XVI secolo. Uno dei più antichi, tuttora esistenti, è il presepe monumentale della Basilica di Santo Stefano a Bologna, che viene allestito ogni anno per Natale. Dal XVII secolo il presepe iniziò a diffondersi anche nelle case dei nobili sotto forma di “soprammobili” o di vere e proprie cappelle in miniatura anche grazie all’invito del papa durante il Concilio di Trento poiché ammirava la sua capacità di trasmettere la fede in modo semplice e vicino al sentire popolare. Nel XVIII secolo, addirittura, a Napoli si scatenò una vera e propria competizione fra famiglie su chi possedeva il presepe più bello e sfarzoso: i nobili impegnavano per la loro realizzazione intere camere dei loro appartamenti ricoprendo le statue di capi finissimi di tessuti pregiati e scintillanti gioielli autentici. Nello stesso secolo a Bologna, altra città italiana che vanta un’antica tradizione presepistica, venne istituita la Fiera di Santa Lucia quale mercato annuale delle statuine prodotte dagli artigiani locali, che viene ripetuta ogni anno, ancora oggi, dopo oltre due secoli. Con i secoli successivi il presepe occupò anche gli appartamenti dei borghesi e del popolino, ovviamente in maniera meno appariscente, resistendo fino ai giorni nostri. Attualmente, si vanno diffondendo anche i presepi meccanici, con movimento sincronizzato dei personaggi.

Ecco alcuni esempi:

• Presepe meccanico di San Pietro del Gallo (Cuneo)

Presepe meccanico di Vecchiazzano (Forlì)

Presepe meccanico di Pallerone (Aulla).

Simbologia e origine delle ambientazioni Il Presepe è una rappresentazione ricca di simboli.

Alcuni di questi provengono direttamente dal racconto evangelico. Sono riconducibili al racconto di Luca la mangiatoia, l’adorazione dei pastori e la presenza di angeli nel cielo. Altri elementi appartengono ad una iconografia propria dell’arte sacra: Maria ha un manto azzurro che simboleggia il cielo, San Giuseppe ha in genere un manto dai toni dimessi a rappresentare l’umiltà. Dato che i Vangeli canonici parlano della natività in modo molto vago tralasciando molti particolari scenografici nei personaggi e nelle ambientazioni, il presepe attinge largamente anche ai Vangeli apocrifi e da arcane tradizioni dimenticate. Tanto per citarne alcuni, il bue a l’asinello, simboli immancabili di ogni presepe, derivano da un’antica profezia di Isaia che dice “Il bue ha riconosciuto il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone“. Sebbene Isaia non si riferisse assolutamente alla nascita del Cristo, l’immagine dei due animali venne utilizzata comunque come simbolo degli ebrei (rappresentati dal bue) e dei pagani (rappresentati dall’asino). Anche la stalla o la grotta in cui Maria e Giuseppe avrebbero dato alla luce il Messia non compare nei Vangeli canonici: sebbene Luca citi i pastori e la mangiatoia, nessuno dei quattro evangelisti parla esplicitamente di una grotta o di una stalla. In ogni caso a Gerusalemme la Basilica della Natività sorge intorno a quella che è indicata dalla tradizione come la grotta ove nacque Cristo e anche quest’informazione si trova nei Vangeli apocrifi. Tuttavia, l’immagine della grotta è un ricorrente simbolo mistico e religioso per molti popoli soprattutto del settore mediorientale: del resto si credeva che anche Mitra, una divinità persiana venerata anche tra i soldati romani, fosse nato in una grotta il 25 dicembre. I Re Magi, invece, derivano dal Vangelo dell’infanzia armeno. In particolare, questo vangelo colma le lacune che invece Matteo non risolve, ovvero il numero e il nome di questi sapienti orientali: il vangelo in questione fa i nomi di tre sacerdoti persiani: Melkon, Gaspar e Balthasar, anche se non manca chi vede in essi un persiano (recante in dono oro), un arabo meridionale (recante l’incenso) e un etiope (recante la mirra). Così i re magi entrarono nel presepe, sia incarnando le ambientazioni esotiche sia come simbolo delle tre popolazioni del mondo allora conosciuto, ovvero Europa, Asia e Africa. Tuttavia, alcuni aspetti derivano da tradizioni molto più recenti. Il presepe napoletano, per esempio, aggiunge alla scena molti personaggi popolari, osterie, commercianti e case tipiche dei borghi agricoli, tutti elementi palesemente anacronistici. Questa è comunque una caratteristica di tutta l’arte sacra, che, almeno fino al XX secolo, ha sempre rappresentato gli episodi della vita di Cristo con costumi ed ambientazioni contemporanee all’epoca di realizzazione dell’opera. Anche questi personaggi sono spesso funzionali alla simbologia. Ad esempio il male è rappresentato nell’osteria e nei suoi avventori, mentre il personaggio di Ciccibacco, che porta il vino in un carretto con le botti, impersona il Diavolo..

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