La Maestra Clara

Autore: Anna Tonini

 la maestra ha una parte davanti, che è quella che si vede di solito, e una parte dietro che si vede quando si gira. Sopra la maestra c’è il soffitto della classe, o il cielo quando è all’aperto. Sotto la maestra c’è il pavimento, o la ghiaia o la strada. Intorno alla maestra ci sono i bambini, a volte in fila, a volte in cerchio, in piedi o seduti. Ci sono maestre lunghe

o maestre corte. Maestre larghe oppure sottili.Una maestra piccola non è mezza maestra, così come una molto grande non vale il doppio.1

Tutto nasce dalla classe del 1971, da una maestra e dalla gran voglia di ricordare i momenti indelebili del passato,ma facciamo un passo indietro, anzi due!

Sono entrata nella confortevole casetta della maestra Clara un sabato mattina di novembre. L’aria fredda di gusto autunnale, che si percepiva a Favrio quella mattina, contrastava con la sua cucina così calda e accogliente. Clara era sulla porta che mi attendeva, da ben venti minuti, del resto sono una ritardataria cronica per antonomasia (mi chiedo poi sempre a cosa serva arrivare in anticipo, perché sai quante cose si possono fare nel frattempo, tra l’anticipo e l’orario preciso?).

Anche Breton, famoso poeta francese, affermava che la puntualità è la virtù di chi si annoia, e quindi in un certo senso mi sentivo pure giustificata. La prima cosa che mi ha detto Clara è stata: – Mi raccomando poche righe! Che cosa ci sarà da raccontare poi?

In realtà le cose che ci siamo dette e che mi ha raccontato sono state moltissime, ricordi di una donna che nascendo e vivendo a Favrio ha viaggiato moltissimo.

Clara Cherotti nasce a Favrio il 3 giugno del 1926. Figlia di contadini, Clara aveva due sorelle, Lidia e Caterina, per tutti Nella, con la quale condivide ancora oggi i suoi pomeriggi, ma anche un fratello, Maurizio, morto l’anno scorso.

Ha iniziato gli studi presso le suore di Maria Bambina a Trento, in via Borsieri, su consiglio della maestra Carli. Lo scoppio della guerra la portò a tornare nel luogo natio, per poi frequentare un anno di scuola a Tione e in seguito rientrare a Trento, all’Istituto Sacro Cuore, dove si è finalmente diplomata. Insomma, mi è parso fin da subito come il viaggiare per Clara non sia un problema, e che, come vedremo, da tutte le sue esperienze ricava sempre un’occasione di crescita.

Una volta terminati gli studi si presenta la questione della sede dove lavorare.

Ricorda che i primi anni furono veramente duri e miseri e che cambiava scuola più volte per brevi supplenze. Inizialmente ha insegnato alla scuola sussidiaria di Tignerone. Alla mia domanda in che consistesse, mi risponde che era una scuola normalissima non riconosciuta dallo Stato però, in quanto i bambini erano pochissimi, e quindi era finanziata dal Comune. Lei alloggiava in una stanzina nei pressi della scuola, un monolocale con una stufa e un piccolo divano. Raggiungeva la scuola una volta alla settimana: prendeva la corriera per Ponte Arche, da lì prendeva quella per Tione e scendeva a Ponte Pià, dove poi c’era una stradina nel bosco che la portava fino a Tignerone. Dopo due anni andò ad insegnare a Civezzano, cosa che per la nostra Clara, abituata alle piccole scuole di paese, fu traumatica visto che passò da una manciata di alunni a ben 43!

L’anno successivo qualcosa andò storto e la nostra maestra pur di lavorare si trasferì a Napoli dove, per otto mesi, svolse l’attività di babysitter. Ha dei bellissimi ricordi di quel periodo, ma la sua strada e la sua passione erano in Trentino. Nel 1954 va a lavorare in Alto Adige, dove rimane ben nove anni. Insegna in una scuola italiana, dove gli unici alunni sono i figli dell’albergatore, presso cui alloggia per qualche anno, e del custode della diga. Clara precisa che la distanza tra la diga e l’albergo era di 5 km, che lei doveva percorrere a giorni alterni. Tornava in valle soltanto per le festività natalizie e pasquali. Nel 1953 Clara vince il concorso e dopo qualche anno inizia a lavorare presso la scuola di Fiavé, che non lascerà più se non per raggiungere la tanto sospirata e meritata pensione. Una descrizione molto particolareggiata e vissuta della scuola di Fiavé è quella che mi è stata esposta da Gabriele Benini, alunno della maestra Clara.

Era consuetudine al mattino, nell’atrio al piano rialzato con le varie classi, anticipare le lezioni con una preghiera accompagnata da qualche canto patriottico come “Oh bella ciao” o il rinomato “Inno al Trentino”. Era d’obbligo indossare la casacca nera come protezione e l’aria sovente odorava della soluzione utilizzata per il ciclostile, giacché le fotocopiatrici dovevano ancora inventarle. Per scrivere si usavano le penne multicolori; i più fortunati avevano la penna stilografica o la Paper Mate il cui  inchiostro in caso di strafalcioni poteva “scomparire” magicamente dal foglio rispettivamente con il cancellino o la gomma. Nel primo caso non si poteva sbagliare che una sola volta. Ad un qualche peccato di condotta poteva seguire una punizione, la quale, comminata più che serenamente, era direttamente proporzionale alla gravità dell’azione commessa: dallo scrivere per innumerevoli volte una medesima frase, al perentorio “fuori dalla porta”, per giungere nei casi più gravi alla comunicazione a casa. Il più delle volte, in questo caso, non si diceva nulla a casa per paura di ricevere qualche altro castigo. E ancora: il giovedì pomeriggio era dedicato ad attività manuali di gruppo quali il traforo per i maschi (se si rompevano le seghette erano guai in quanto nella custodia del pacco che si acquistava ce n’ erano solo 3 ed erano introvabili!) o il ricamo per le femmine. Proiettare film del tipo ”Zanna bianca” e “Anche gli angeli mangiano fagioli” erano eventi emotivamente irripetibili così come la settimana bianca era al pari della festa degli alberi. A ricreazione noi maschi giocavamo a pallone mentre le femmine eccellevano nel gioco dell’elastico e della settimana… Tutto ciò accadeva circa quarant’anni fa! La maestra Clara ha insegnato in questa scuola per tre generazioni. I suoi alunni conservano in modo indelebile i ricordi di quell’epoca, in particolare la classe del ’71. Per quanto riguarda noi bambini del tempo (classe 1971), Clara ci accompagnò scolasticamente per tutto il quinquennio della scuola elementare e più precisamente dall’anno scolastico 1977/1978 al 1981/1982. Giungeva a scuola con la sua “Renault 5” di colore marroncino chiaro da Favrio in qualsiasi condizione atmosferica, giacché allora le nevicate erano più copiose di adesso! Non ho ricordo che abbia saltato un solo giorno di lezione! Sempre elegante ed impeccabile, si era guadagnata il rispetto da parte nostra oltre che per le sue innegabili doti innate d’insegnante, soprattutto per la sua capacità di trasmettere valori morali autentici. Se necessario non esitava a far valere la propria autorevolezza nei confronti di noi scolari anche con polso e ferma decisione. A ragione della propria intelligenza emotiva e introspettiva riusciva a capirci con uno sguardo. Maestra di cultura generale d’altri tempi, teneva alla grammatica al pari della matematica ed essendo riuscita con pieno successo ad infonderci quelle basi scolastiche indispensabili per la vita, scrivendo a nome anche dei miei compagni, le riconosciamo l’ottimo lavoro svolto su di noi in quegli anni.

Nel 2008 Gabriele, sospinto dalla voglia di rivedere e riunire i suoi compagni di scuola elementare, ha cercato di condividere questo suo desiderio con loro. Trovandoli d’accordo ed entusiasti all’idea, raccolti i contatti telefonici di tutti, ha organizzato una prima cena nel mese di giugno presso l’Hotel al Sole a Fiavé rivolgendo l’invito in particolare anche alla maestra Clara Cherotti, loro insegnante di un tempo. Gabriele ricorda che anche in quell’occasione giunse con una “Renault 5” e le facemmo qualche regalo. La vera sorpresa, a noi, tuttavia, la fece lei. Regalò a ciascuno un piatto decorato. La cosa stupefacente a mio parere fu che anche in quell’incontro volle darci qualcosa com’era avvenuto all’incirca 8 lustri prima. Ma l’impegno e la buona volontà di Gabriele non si limitarono a questo e il 9 settembre 2017 la cena venne replicata. La paura di trovarsi di fronte ad una maestra un po’ acciaccata e timorosa di parteciparvi furono solo inutili timori. Con grande emozione di tutti i presenti abbiamo rivisto la nostra maestra Clara della classe 1926 lucida ed introspettiva come un tempo, cogliendo ancora una volta in lei una grande eccezionale vitalità. Condividendo lo stesso cibo e trascorrendo con lei la serata, nella convivialità abbiamo ricordato i vecchi tempi, senza tralasciare di confrontarci parlando a lei anche di noi. Nel corso della cena le è stata consegnata, a nome di noi tutti, quella stessa foto, ma ingrandita, voluta da lei medesima tanti anni fa, che ci ritraeva al termine della quinta elementare. Dopo qualche abbraccio sincero rivolto a noi, Clara si è congedata dal gruppo forse un po’ provata da cotante emozioni, e dopo un arrivederci ha fatto ritorno verso casa sotto la pioggia accompagnata dal nipote. Da noi non verrà mai dimenticata!